venerdì 19 febbraio 2010

"imprimo questa stanza nella mia mente; in futuro nella mia memoria io vivrò moltissimo in questa stanza"

Candele consumate. Bottiglie di birra senza birra. Una lampada senza genio. Frigo vuoto. Tutto finisce nella mia stanza. Solo il posacenere è sempre pieno. Progetti abbandonati nell’angolo dietro al letto, sogni lasciati sulla scrivania a prendere polvere. Anche gli scheletri sono scappati dall’armadio. Le uniche certezze sono i poster. E la cesta dei panni da lavare. Ogni volta che voglio fare il bucato, le lavatrici sono occupate dai lupi mannari.

Fogli bianchi aspettano di essere abitati dai colori, mentre opere dadaiste appese al muro ridono di loro. Vicino alla porta, una cartina fisica della Germania. Non ho mai sopportato le cartine politiche, ogni stato colorato diversamente e poi i colori più brutti toccano sempre agli stati meno “importanti”. E a separare non è la distanza, ma una linea. Ogni volta che la guardo smetto di puntare al cielo. C’è così tanto da vedere in terra.

Poco a sinistra, l’interruttore della luce. Ho sempre pensato che fosse un po’ il punto g della stanza, come se ogni volta che spegnessi le lampadine, le pareti godessero. Non riesco neppure a ricordare con esattezza l’intensità della luce. Dentro il lampadario bianco, pernottano stormi di moscerini morti durante la loro battaglia per il sole. Certe volte credo che lasciando la luce spenta ne abbia salvati parecchi. Altre volte invece penso di avergli negato il sogno di raggiungere il sole.

Il letto. Il punto dove credo di aver infranto tutti i comandamenti, di aver saziato tutti i sette peccati capitali più qualcuno provinciale. Le lenzuola azzurre strappate non so come in qualche incubo un po’ retrò. Al materasso duro come un libro di Bukowski ho dedicato più di un mal di schiena. La coperta terribilmente troppo corta l’ho maledetta in diverse occasioni. Il cuscino è stata la cosa più vicina ai miei sogni.

L’unica cosa che mi mancherà del bagno saranno le tendine della doccia. Spesso le ho considerate come il mio alter ego. Un muro così facile da abbattere, un muro sempre bagnato da acquazzoni di getti di doccia, un muro così superficiale. Non hanno mai adempito pienamente il loro compito, le mattonelle di terracotta del pavimento si bagnavano sempre. Meglio così, lo straccio per terra non ce lo passavo mai.

Certe volte vorrei che non ci fosse la finestra, nella mia camera. Avrei una scusa per inventarmi un mondo.
Ho passato bei momenti in questa stanza. Davvero.

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