mercoledì 2 giugno 2010

mentre ci abbracciavamo gli alcolizzati delle sei cadevano nel fango

Il flash della macchina fotografica ha nascosto le tue lentiggini. Comunque le custodisco nella memoria. In treno pensavo che avere sonno ed essere svegli è il senso della vita. Piazza Bologna ci stava un po’ stretta ma ci siamo rimasti parecchio. Poi ci siamo ritrovati sdraiati in un prato e io non riuscivo a bere la grappa. La sera al lago mi hai detto che dalle tue parti non si trovano i cornetti con la cioccolata bianca e io ho pensato che potrebbe essere un valido motivo per tornare presto. Ma non te l’ho detto. Nel dubbio ti ho disegnato una mappa per arrivare a casa mia. Un’improbabile geometria di rette in scala variabile. Ma tanto tutto era improbabile. Come l’improbabile geometria di ricordi ripensando all’allevamento di polvere di Man Ray in cui abbiamo dormito male. My empire of dirt. Il giorno dopo abbiamo intrapreso una crociera a cinque stelle delle panchine di Roma dove faceva caldo al sole e freddo all’ombra. E le mie citazioni inutili ti hanno fatto storcere un po’ il naso. Che il silenzio è d’oro e io sono un pezzente.
Mentre ci abbracciavamo gli alcolizzati delle sei cadevano nel fango. Ma la cosa non ti divertiva.
Poi ci siamo salutati e la cosa non ha divertito nemmeno me.
E tra tre mesi ti dirò che era da un quattrocentesimo di secolo che non ci vedevamo. E magari penserò che mi sei mancata ma non te lo dirò.

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